Situato a 720 m sul livello del mare, Dama è circondato da boschi decidui di querce castagni e altre latifoglie, qua e la intervallati dalla presenza di “sempreverdi” (soprattutto abeti rossi, abeti americani, pini e cipressi). La presenza di castagni si rinviene soprattutto nell’area detta “selve”, una parte di foresta situata a sud del paese, da sempre area di raccolta di prodotti agresti quali frutti di bosco, funghi e castagne. In quest’area si dislocano numerosi antichi sentieri, atti a raggiungere zone limitrofe e non.
A nord, nel circondario della frazione Case Nuove è invece prevalente il querceto, puro o intervallato da altre latifoglie quali carpini, castagni, aceri, frassini, ontani, salici, acacie, ecc… ,ma anche arbusti come il ginepro, la ginestra, il rovo, il biancospino; piante a basso fusto come l’alloro, il lauro, il lillà, il maggiociondolo e conifere (su tutti l’abete rosso e il pino silvestre). Alle nostre latitudini non è invece ancora presente il faggio, mentre rara è la betulla ed il pioppo. Consistente è in ogni caso la quantità di legname che ogni anno viene ricavata dal taglio periodico del bosco, attività che consente anche un certo mercato di esportazione, soprattutto per quercia, cerro e carpino (legnami molto adatti per il fuoco) e pini, abeti frassini e noci (utilizzati preziosamente in falegnameria). Le caratteristiche di alta collina fanno si che ai boschi si alternino frequentemente aree più brulle tipiche della macchia e soprattutto prati e pascoli, utilizzati sporadicamente per il pascolo di cavalli e mucche, ben più spesso atte alla coltivazione di verdure e tuberi e di erbe foraggiere quali la lupinella e l’erba medica, preziose durante l’inverno per il nutrimento degli animali da allevamento (mucche, cavalli, conigli) e da cortile (polli, tacchini e piccioni). La dolcezza del clima permette di incontrare ancora alberi da frutto come ciliegi (presenti davvero in modo massiccio), fichi, noci, meli peri e susini selvatici, ma soprattutto gli ultimi ulivi e filari di viti, residui di un tempo in cui alcuni piccoli proprietari terrieri riuscivano a produrre olio e talora vino dalle uve locali (“morellone” tra le uve nere,” malvasia” tra quelle bianche), una vera e propria eccezione a queste stazioni climatiche. A livello micologico, molto ricercate sono le due varietà di fungo porcino che crescono nei nostri boschi, mi riferisco al porcino nero (Boletus Aereus) e al porcino d’estate (Boletus Reticolatus). In quantità ancor più massicce cresce in primavera l’aromatico “prugnolo” (Tricholoma Georgii), forse il più ricercato assieme ad altre varietà di funghi come l’”ovolo”, o “cocco” (Amanita Caesarea) sempre più raro nei nostri boschi. Molte altre sono le specie diffuse in questo tipo di habitat e correntemente consumate da residenti e cercatori occasionali. Infine, oltre ai muschi e licheni dei boschi, numerosi sono anche i fiori e le erbe presenti nei nostri prati, dalle importi proprietà omeopatiche; l’uso a scopo officinale di queste erbe era un tempo molto praticato dalla popolazione, poiché da generazioni si tramandavano le conoscenze sulle proprietà curative di molte piante e fiori, che aiutano la digestione, depurano l’organismo, risultano preventive per ipertensione, diabete e colesterolo, lenitive di tosse, eritemi , infiammazioni e molti altri disturbi. Le più utilizzate erano la malva, la cicoria e il finocchio selvatico, il timo (anche in cucina, per aromatizzare la cottura di funghi e selvaggina ), la lavanda, il tarassaco (detta anche insalata di campo), la carlina (oggi rara, ma ancora molto ricercata), il cardo, la salvia, la melissa e la menta selvatica: tutte erbe dotate di proprietà decongestionanti, antisettiche ed emollienti. Purtroppo oggi, gran parte di questo patrimonio di conoscenze si è perso tra le generazioni.